Il lavoro
Nonostante il progetto prevedesse un solo tunnel, in realtà furono scavate due gallerie parallele, distanti circa 17 metri l'una dall'altra.
Una galleria era di dimensioni più ridotte rispetto all'altra, quella principale, in quanto era solo una galleria di servizio. Doveva servire per far passare i tubi dell'alimentazione per le perforatrici e l'aria che veniva immessa nel tunnel di avanzamento per migliorare l' areazione e favorire l' abbassamento della temperatura, doveva inoltre servire per fare da scolo per le acque sotterranee. Questa seconda galleria fu chiusa a lavori finiti.
Le due gallerie furono scavate in contemporanea, con un collegamento tra loro ogni 200 metri, per un totale di 98 cunicoli trasversali, anch'essi chiusi a fine lavoro.
L'idea del tunnel doppio era sicuramente innovativa per quel periodo, forse conseguenza dell'esperienza negativa dello scavo per il tunnel del Gottardo, costato molte vittime, soprattutto a causa delle elevate temperature interne, che potevano arrivare a 56 gradi centigradi.
Per lo stesso motivo, furono posti anche due grandi ventilatori che apiravano l'aria dal tunnel principale e la convogliavano nel tunnel di servizio, dove dopo essersi rinfrescata veniva nuavamente immessa nel cantiere di lavoro.
I ventilatori spingevano nei cunicoli 3 milioni di metri cubi di aria fresca nelle 24 ore.
Purtroppo dopo solo un anno dall'inizio dei lavori moriva, precocemente ed inaspettatamente per infarto, l'ingegnere Brandt, non solo grande sostenitore del progetto ma anche ideatore delle perforatrici ad acqua compressa, utilizzate per demolire gli strati di roccia.
La perforatrice Brandt utilizzava l'acqua sottoposta a pressioni di circa 100 atmosfere che doveva essere trasportata in recipienti e tubi particolari e si rivelò un sistema molto vantaggioso anche perché entrando nei fori delle mine raffreddava la roccia.
Sul versante italiano si utilizzò l'acqua del torrente Diveria, che opportunamente incanalata alimentava le turbine e i compressori.
L'allargamento laterale e verticale della galleria era invece lasciato al lavoro manuale. Per alzare la volta si aprivano diversi camini attraverso i quali si passava ad un piano superiore rispetto al piano di avanzamento. Si procedeva per un po' parallelamente lasciando una intercapedine di roccia che poi veniva fatta saltare con l' utilizzo delle mine. Successivamente l'intervento dei carpentieri predisponeva l'armatura della volta ed infine i muratori procedevano alla posa di una volta in cemento, spessa circa un metro.
Si lavorava ininterrottamente per tre turni di lavoro di otto ore.
Ogni giorno si spuntavano ben 400 punte di perforatrici e 10.000 scalpelli a mano, e si utilizzavano circa 500 chilogrammi di dinamite.
Si progrediva di circa 5 metri al giorno. In ogni cunicolo lavoravano tre o quattro trivelle, montate su carrelli mobili, poi entravano al lavoro gli operai con punte e mazzuoli per allargare le gallerie.
Vennero usate 1.400 tonnellate di esplosivo, si scavarono 1.000.000 di metri cubi di roccia, 7.500.000 furono le giornate di lavoro con una media di 3.200 operai al giorno.
Altra opera di notevole valore, che richiese capacità tecniche elevate fu la costruzione della galleria elicoidale di Varzo. Poiché la stazione ferroviaria si trova a 490 metri s.l.m. mentre l'imbocco del traforo ad Iselle si trova a 634 metri s.l.m., fu costruita la galleria di forma elicoidale che percorre un cerchio perfetto di 1 chilometro di diametro, su una lunghezza di 2965 metri, permettendo di superare il dislivello tra le due stazioni.
Al termine dei lavori, il tunnel aveva una lunghezza effettiva di 19.756 metri.
La pendenza sul lato sud è del 7 per mille per un tratto di circa 10.000 metri, poi seguono 500 metri in piano che sono il punto più alto del tunnel a quota 704 metri s.l.m., inizia infine la discesa verso nord con una pendenza del 2 per mille.